Arriviamo quindi a livello del letto del fosso, che durante il periodo estivo è possibile guadare.
La mulattiera continua sulla dx di un traliccio in metallo e oltrepassa un rigagnolo: da qui inizia la salita, su di un galistrato, quindi poco dopo in piana si entra in un boschetto di carpini e cerri, dove il tragitto si riduce a poco più di un sentiero. Subito dopo in discesa si ritorna a livello del torrente.
Mantenendo la dx, dopo pochi metri siamo già sulla bella mulattiera ancora perfettamente selciata e con taglia acque, alla fine della quale ci immettiamo nel bel ponte a schiena d'asino sul fosso del capanno in confluenza col fosso del Chiuso. Di fianco è posta una tabella delimitante un' area wilderness, su cui sono riportati i modi di comportamento da tenere all'interno della medesima; subito dopo transitiamo di fianco alla cappella Balassini, detta anche maestà di Lorenzo Birbone, contenente una scultura in pietra arenaria rappresentante la Madonna del Galestro, opera di Silvano Fabiani (1991).
Affrontiamo subito dopo un tratto in salita, dove a tratti è ancora visibile la selciatura e di seguito, quando siamo ancora nel piano, sulla sx è posta una deviazione che ci fa giungere al fosso del Chiuso.
Si ricomincia a salire ed è possibile ancora notare i resti della vecchia selciatura, che ritroveremo quasi integra più avanti. Ai bordi della mulattiera radi boschetti con cerro, roverella, carpino nero e qualche esemplare di carpino bianco, accolgono dalla stagione primaverile all'autunno vari tipi di fiori: una piccola stazione di aquilegia, mughetti, ellebori, alcuni tipi di orchidee e i più comuni come primule, epatiche, viole e la poco appariscente ma caratteristica poligala bossonano; nelle zone galistrate più povere troviamo l'orniello.
Si continua a salire a tratti all'interno di boschetti, ma soprattutto attraverso galistrati o su costoni a volte lastronati e man mano che andiamo in alto il panorama comincia a prendere forma: sulla sx si staglia il Chiuso, con ampi ex coltivi e rimboschimenti e in lontananza lo sprone di Castel dell' Alpe.
Davanti a noi è imponente la catena dei Mandrioli.
Continuiamo a salire e in breve transitiamo sotto poggio Alto (905 slm.), ancora un intenso strappo in salita poi ci addentriamo in un boschetto in piana, e superato un filo spinato tra rovi, biancospini e rose selvatiche giungiamo a Nasseto (896 slm.), posto proprio all'inizio degli ampi campi che si estendono tutt'intorno e che accolgono il bestiame all' alpeggio.
Proprio di fronte alla casa ormai semidistrutta è posto un basamento in legno con il profilo delle cime che ci troviamo davanti: dal trapezoidale monte Zuccherodante, al passo dei Mandrioli, a cima Termine.
Da qui continuando in discesa attraverso i campi, lungo un bianco sentiero semigalistrato, potremmo arrivare ad una sorgente incassata tra le motte con vasche per l'abbeveraggio del bestiame.
Noi invece ci incamminiamo attraverso il bel viale alberato tra cerri, carpini e aceri campestri avvolti da edere, e dopo poco ritorniamo allo scoperto e troviamo la deviazione per Castel dell' Alpe, lungo un tracciato appartenente alla vecchia mulattiera, tra le suggestive conformazioni marnose, attraversando tratti incassati nella roccia e cercando di porre particolare attenzione nei tratti dove il dilavamento delle acque ha reso difficoltoso il passaggio.
In breve siamo ai piedi di monte Zuccherodante, entriamo quindi nel bosco che già sta mutando il suo aspetto, con la presenza di faggi, che aumenteranno man mano che ci alzeremo di quota.
Di qui in avanti siamo costantemente in salita, riuscendo ad intravedere a tratti la bella mulattiera selciata, ma ormai ci apprestiamo ad affrontare gli ultimi faticosi tornanti per raggiungere Passo Serra (1148 slm.), stretta sella di confine tra Romagna e Toscana.